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Covid, gli ospedali si svuotano. Perché l’autunno non deve farci paura

A causa del Covid un milione di persone ha perso la vita nel mondo dall’inizio dell’anno. La stima è dell’Oms, il cui direttore, Tedors Ghebreyesus dice che «abbiamo i mezzi per prevenire» i decessi, e «chiediamo ai governi di vaccinare cittadini e lavoratori», visto che «un terzo della popolazione non è vaccinato e non lo sono tre quarti degli anziani nei Paesi più poveri».

Un richiamo, quello a immunizzare, rilanciato anche dalla Fondazione Gimbe, per la quale in Italia vi è un «clamoroso ritardo» sulla quarta dose: alla mattina del 24 agosto ne erano state somministrate «solo 2,18 milioni». Restano scoperti, calcola Gimbe, 14,3 milioni di over 60 e fragili, soggetti a cui la campagna è destinata. Inoltre 6,8 milioni non hanno ricevuto vaccini, di questi 1,3 milioni sono guariti. Ancora, 7,6 milioni sono senza terza dose, di cui 2,5 milioni sono guariti che non possono riceverla subito.

Un motivo di preoccupazione, evidenzia la Fondazione, se si guarda all’autunno. Una preoccupazione giustificata però fino a un certo punto. Perché nelle analisi non si fa riferimento, oltre ai vaccinati, a decine di milioni di italiani che hanno già fatto i conti con il virus, contraendo l’infezione – registrata ufficialmente solo in parte – ed avendo così acquisito una immunità naturale sulla cui durata è difficile tuttavia offrire certezze assolute.

L’autunno, anche per questa ragione, può essere meno cruento di certe “previsioni”, considerando che l’associazione “contagio-malato” non è sempre automatica. Inoltre, sulle modalità di conta dei decessi per Covid, esistono forti perplessità da parte di autorevoli scienziati, più propensi a credere che in tanti casi si sia trattato di morti con Covid e non per Covid. In caso contrario l’Italia avrebbe una delle peggiori percentuali di decessi al mondo. Numeri «troppo alti, mancano sufficienti spiegazioni e dati precisi», afferma Guido Rasi, ordinario di Microbiologia all’Università di Roma Tor Vergata e già direttore esecutivo dell’Ema.

Comunque, mentre i contagi, come ancora sottolinea Gimbe, nell’ultima settimana (17-23 agosto), sono tornati a salire (+18,7%), non si arresta il calo di pazienti sia nelle terapie intensive (-15,1% in 7 giorni), sia negli altri reparti (-15,5%), con i decessi sostanzialmente stabili (+1,7%). Numeri confermati dall’ultimo monitoraggio quotidiano: 23.438 le nuove infezioni con il tasso di positività in leggera salita al 15,2%. Ma a fronte dell’aumento dei positivi, si riscontra una diminuzione di morti (da 112 a 84), dei pazienti in terapia intensiva (-5 e 234 in totale), e di quelli nei reparti ordinari (-166 per un totale di 6.004).

Anche dalla scienza arrivano novità interessanti che ci spingono a guardare al futuro con maggiore serenità. I ricercatori israeliani del Clalit Research Institute di Tel Aviv, compiendo una ricerca sul farmaco antivirale orale Paxlovid, pubblicata sul New England Journal of Medicine, hanno concluso che, nelle persone con più di 65 anni, l’assunzione della compressa ha ridotto il rischio di ricovero del 73%, facendo passare i tassi di ricovero da 58,9 casi per 100mila al giorno a 14,7 casi per 100mila.

Il rischio di morte per Covid si è ridotto invece del 79%. Più alti i vantaggi per chi non era vaccinato né si era infettato in precedenza: in tal caso la riduzione del rischio di ricovero è stata dell’85%. Il problema è che questi farmaci in Italia si usano poco. Ancora Rasi: «C’è un sottoutilizzo di antivirali che rischia di farci arrivare a dicembre con quasi 500.000 dosi inutilizzate e in scadenza».

Non è tutto. Promettenti risultati, anche se per ora solo in test su animali, arrivano da una nuova generazione di vaccini a Dna contro il Covid-19. I ricercatori del Karolinska Institutet in Svezia stanno sviluppando un immunizzante che contiene più parti del Sars-CoV-2, progettato per essere meno sensibile alle mutazioni e attrezzato per ceppi futuri. La ricerca è pubblicata su Embo Molecular Medicine.

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