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RIFORMARE L’UE: DRAGHI E MACRON PROPONGONO IL MES COME GARANTE DEL DEBITO?

L’Italia e l’Unione europea promettono un cambio d’abito imminente. Niente più austerità, niente più rigide regole di bilancio, niente più tagli alla spesa sociale.

Il rischio però è che dietro a questi proclami si nasconda il principio espresso nel Gattopardo “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.

La proposta Draghi Macron

Dalle pagine del libro di Tomasi di Lampedusa si può quindi fare un viaggio diretto nell’ultimo articolo pubblicato dal Financial Times e firmato da Emmanuel Macron e Mario Draghi. Si tratta di un testo nato a seguito dell’incontro tra i due leader prima del periodo natalizio, con cui intendono presentare una serie di proposte per riformare l’Unione europea.

Innanzitutto quello che salta subito all’occhio è l’improvvisa, quanto apparente, conversione anti austerity di Draghi e Macron che così scrivono: “Già prima della pandemia, le regole di bilancio dell’UE andavano riformate. Sono troppo opache ed eccessivamente complesse. Hanno limitato il campo d’azione dei Governi durante le crisi e sovraccaricato di responsabilità la politica monetaria. Non hanno creato gli incentivi giusti per dare priorità a una spesa pubblica che guardi al futuro e rafforzi la nostra sovranità – ad esempio gli investimenti pubblici”.

Dalla conversione al Recovery Fund

Suscita una certa emozione osservare che dopo quasi 30 anni dalla firma del Trattato di Maastricht, dopo 25 anni dall’entrata in vigore del Patto di Stabilità e Crescita e dieci anni dopo la sottoscrizione del Fiscal Compact, tutto questo impianto legislativo sia da considerare carta straccia.

Questo con buona pace dell’aumento di mortalità infantile in Grecia, dovuta, a detta di Federico Fubini, proprio alle regole di austerità. Questa improvvisa illuminazione sulla via di Damasco risulta però essere sempre più sospetta, osservando nel dettaglio le proposte fatte dal duo italo francese. Innanzitutto il Next Generation EU, più comunemente conosciuto come Recovery Fund, viene descritto come un caposaldo della nuova Unione europea.

Come abbiamo però avuto modo di analizzare su Byoblu, è lo stesso Recovery Fund a imporre una lunga serie di rigide condizioni all’Italia per poter accedere a fondi a prestito che andranno restituiti nel corso degli anni. Dalla progressiva cancellazione di quota 100, passando per la riforma del catasto, fino alla privatizzazione dei servizi pubblici locali: sono solo i primi paletti che il Governo italiano si appresta ad adottare con alcuni disegni di legge.

Il ritorno del MES

Non c’è solo il Recovery Fund nella nuova Unione targata Draghi e Macron. Perché un posto d’onore viene riservato al redivivo MES, il Meccanismo europeo di stabilità. E la proposta sembra essere quella del saltimbanco di strada che ammalia i passanti con il gioco delle tre carte. Il MES dovrebbe infatti prelevare una buona parte del debito pubblico detenuto ora dalla BCE, in particolare i titoli di Stato acquistati da quest’ultima durante l’emergenza sanitaria.

Tutto questo, secondo Draghi e Macron, per alleggerire il carico in pancia alla Banca Centrale europea e ridurre il debito pubblico dei Paesi. Peccato che, secondo il trattato istitutivo del MES, chiunque acceda a questo fondo sia obbligato a firmare un Memorandum d’intesa che impone una riduzione drastica del debito pubblico, anche a costo di tagli sulle spese sociali.

E il trucco economico si completerebbe con la necessità, per il MES, di ricorrere nuovamente alla BCE per monetizzare i titoli di Stato acquisiti. In sostanza se ad oggi gli attori erano solo due: la BCE e gli Stati, con la prima che acquisiva i titoli degli ultimi.

Con la riforma Macron Draghi si crea un terzo soggetto che acquista i titoli degli Stati per rivenderli alla BCE. Lo spettacolo di magia così si completa, con l’austerità che esce dalla porta e rientra dalla finestra.

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