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Carlo Urbani, il medico che salvó l’umanità

L’uomo nella foto si chiamava Carlo Urbani.

Era un medico italiano. Uno dei più grandi medici che il nostro Paese ha avuto.

Microbiologo e funzionario dell’Oms, il 6 gennaio del 2000 ricevette quella che, senza saperlo, sarebbe stata l’ultima missione della sua vita: il Vietnam.

È lì che, nell’inverno di tre anni dopo, in un ospedale di Hanoi, entrò in contatto con un uomo d’affari americano che presentava i sintomi di una polmonite atipica. Nessuno aveva la più vaga idea di cosa avessero davanti, tranne quel medico dalla fronte alta e la barba lunga che senza pensarci un attimo lanciò al governo e all’Organizzazione mondiale della sanità l’allarme su una nuova malattia che di lì a poco sarebbe stata nota in tutto il mondo per una sigla di quattro lettere appena: SARS.

Tra il 2002 e il 2003 la Sars uccise 774 persone, tra cui il suo scopritore. Sarebbero potute essere milioni se non fosse stato per l’intuizione di quel medico italiano che fino all’ultimo ha combattuto in prima linea per quella che riteneva una missione.

Carlo Urbani se ne andò il 29 marzo del 2003, a 46 anni. Credo che tutti debbano tantissimo a lui, al suo coraggio, alla sua vocazione a curare e ad aiutare gli ultimi, sempre e ovunque nel mondo, rifiutando le comodità e il prestigio di un lavoro da primario in Italia per fare il missionario in Africa e in Asia.

Oggi, 19 ottobre, Carlo Urbani avrebbe compiuto 69 anni.

Uno così o muore giovane dimenticato dal mondo, oppure vive abbastanza a lungo da salvarlo, il mondo. Lui ha fatto in tempo a fare entrambe le cose