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Un eroe di Asghar Farhadi: «Il mio omaggio agli anni d’oro del cinema italiano»

Un eroe di Asghar Farhadi, che aveva già entusiasmato il Festival di Cannes vincendo il Gran Premio Speciale della Giuria, arriva nelle nostre sale dal 3 gennaio. Il due volte premio Oscar (Miglior Film Straniero per Una separazione e Il Cliente) e rappresentante dell’Iran agli Academy Awards 2022, ritorna a girare nella sua terra d’origine dopo la parentesi spagnola di Tutti lo sanno.  

«Quando ero andato in Spagna per girare il mio primo film europeo ero convinto che sarei tornato a casa», ci confessa il regista che abbiamo incontrato a Roma, «e oggi sono convinto che farò la maggior parte dei miei film in Iran».

Farhadi in Un eroe, come in Una separazione, ci regala personaggi in bilico tra il bianco e il nero. Rahim è in prigione a causa di un debito che non è riuscito a pagare. Durante un permesso di due giorni riesce a trovare i soldi per saldare parte di quel debito, si tratta di un gruzzolo di monete d’oro trovato in una borsa dalla compagna. Che cosa fare a quel punto? Approfittarne o cercare di restituire al proprietario quelle monete d’oro? Rahim opta per la seconda opzione e verrà elevato a eroe dalla tv locale. C’è qualcosa però che non torna nella ricostruzione della borsa che fa alla polizia.                                        

«Mi interrogavo da tempo sul perché c’è la necessità di creare eroi. Quando una persona fa qualcosa di ammirevole perché la società lo eleva?», si domanda il regista. «Gli eroi di oggi esistono attraverso i social, vengono creati e distrutti molto velocemente. La definizione di un tempo non esiste più, e la cosa è positiva perché ognuno di noi può essere eroe per sé e per i propri cari. Gli eroi erano considerati eccezionali in tutti i loro aspetti, questo tipo di persone non esiste più: c’è chi per certi punti di vista è eroico, per altri no».

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