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Roberto Race (Competere.Eu): “Rischio che crescita pil nel 2023 e nel 2024 vada peggio delle attese”

Il segretario generale: “Se ciò si verificherà, è fondamentale valutare quali saranno le implicazioni per la Nadef e la legge di bilancio”

Adnkronos. “Nel 2023 cominciano a manifestarsi i primi segnali di scricchiolio della tenuta economica dell’Italia, per il convergere di una serie di fattori (tra tutti credit crunch e inflazione) il cui impatto produrrà effetti negativi anche nel 2024, tanto da potere portare a una revisione al ribasso delle stime di crescita del pil, diversamente da quanto avvenuto negli anni passati”. Lo dichiara il segretario generale di Competere.Eu Roberto Race nel presentare l’analisi del think tank sull’andamento dell’economia italiana.

“Per il Governo – spiega – ciò potrebbe tradursi in minori risorse da destinare a famiglie in difficoltà o nella necessità di aumentare le entrate fiscali oltretutto ciò avverrebbe in un contesto europeo nel quale sono elevati i rischi di un ritorno alle vecchie regole del patto di stabilità a partire dal 2024, rischio che deve essere scongiurato e che richiede un deciso intervento del Governo italiano in Europa per definire regole più in linea con le necessità che i tempi attuali, diversi dal passato, richiedono”.”Il dibattito sulla crescita economica italiana – spiega Race – è stato caratterizzato, giustamente, negli ultimi due anni da accenti campanilistici di entusiasmo per la dinamica positiva registrata in Italia, dove l’andamento del pil è stato migliore di quello rilevato nelle altre principali economie europee”.

“I driver – afferma – che hanno sostenuto questa dinamica sono stati gli investimenti (specie in costruzioni), spinti da incentivi e da Pnrr, e le esportazioni, in un contesto di una sostanziale tenuta dei consumi (grazie all’extarisparmio accumulato durante la pandemia), nonostante la perdita di potere d’acquisto dovuta all’aumento dell’inflazione. I livelli di pil attuali sono superiori di circa due punti percentuali quelli pre-Covid, mentre in Germania ancora non è stato chiuso il gap e in Francia il distacco è inferiore a quello dell’Italia”.

“Molti previsori, nazionali ed esteri – continua Race – sono stati costretti a rivedere continuamente al rialzo i tassi di crescita del PIL italiano: basti citare il caso emblematico del Fondo Monetario Internazionale che nell’ottobre scorso aveva previsto un calo del PIL dello 0,2% per il 2023 e oggi, nell’ultima release, stima un incremento dell’1,1% per quest’anno e dello 0,9% per il 2024. Sono valori in linea con quelle degli altri principali previsori: l’Istat prevede, rispettivamente, +1,2% e +1,1%, la Banca d’Italia 1,3% e 1,0%, l’Ocse +1,2% e +1,0%, l’Upb +1,0% e +1,1% e il Governo +1,0% e +1,5% (nel Ded).

“Ma sono – scrive Race- stime credibili? Ci sono molti segnali che alzano i livelli di allarme e preannunciano consistenti rischi al ribasso, ma che non sono ancora colti dai principali osservatori. Secondo l’Istat, nel secondo trimestre il pilL italiano è diminuito dello 0,3% sul primo, andando peggio delle attese di tutti i previsori. Ciò ha portato la crescita acquisita (cioè quella che si avrebbe se il pil ristagnasse nei successivi due trimestri dell’anno) allo 0,8%. Raggiungere variazioni superiori all’1,0% significherebbe dovere crescere nella seconda parte dell’anno”.

“Ma ci sono – chiede – le condizioni per avere un’espansione del pil? Vi è un’estrema incertezza ma diversi fattori presagiscono un peggioramento, non un miglioramento”.

“Il rischio più grave all’orizzonte – sostiene Race – è quello del credito: i tassi ai quali oggi si possono ottenere finanziamenti sia per famiglie che per imprese sono ai massimi degli ultimi dieci anni. Ciò si sta già riflettendo in un calo della domanda dei prestiti che è particolarmente marcato per le imprese, le quali stanno rinviando le decisioni di investimento anche in considerazione del fatto che si attendono un rientro dei tassi su valori più bassi nel giro di uno-due anni. Lo stesso sta accadendo per le famiglie: la variazione annua dei prestiti è quasi azzerata e ciò incide sugli acquisti di beni durevoli (rinvio degli acquisti di case, per esempio), con ricadute significative anche sul settore delle costruzioni che risente del calo delle compravendite immobiliari. Il credit crunch è acuito dalla richiesta di maggiori garanzie da parte delle banche che, adesso, sostengono solamente le imprese più solide, per limitare i rischi”.

“L’inflazione – scrive Race – sta decelerando, la dinamica annua dei prezzi al consumo si è infatti quasi dimezzata dai picchi di fine 2022, ma resta ancora elevata. In un contesto di andamento basso delle retribuzioni, ciò riduce il potere d’acquisto delle famiglie – in particolare di quelle meno abbienti – e intacca i consumi che non vengono più sostenuti dal risparmio accumulato durante la pandemia, ormai quasi esaurito. Il crollo dell’import e le recenti dinamiche del turismo La caduta dell’import negli ultimi mesi,rilevata dall’Istat nei giorni scorsi, riflette la bassa dinamica della domanda interna ed è un segnale da non sottovalutare. Anche sul turismo c’è un dibattito molto acceso. Statistiche disponibili, non solo quantitative ma anche qualitative, ed evidenze empiriche mostrano che la spinta del turismo sta gradualmente venendo meno ed è mantenuta prevalentemente dalla spesa dei viaggiatori stranieri. Le famiglie italiane anche per la combinazione di inflazione e tassi elevati hanno ridotto la spesa e la durata media dei soggiorni turistici”.