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Ritrovato il relitto dell’Endurance

La storica nave della missione di Shackleton in Antartide è stata localizzata a 3 km di profondità dopo più di un secolo, in ottimo stato

Lo scorso weekend la missione per localizzare la nave Endurance nel continente antartico ha raggiunto il suo obiettivo, individuando il relitto a tre chilometri di profondità nel Mare di Weddell più di un secolo dopo il suo naufragio tra i ghiacci, il 21 novembre 1915. L’Endurance è una delle più celebri e importanti navi della storia delle esplorazioni per molti motivi, storici e simbolici, legati alla vicenda dell’esploratore britannico Ernest Shackleton, che riuscì a portare l’equipaggio in salvo nonostante il naufragio.

We found it! The #Endurance22 Expedition has located the wreck of Endurance, Sir Ernest Shackleton’s ship which has not been seen since it was crushed by the ice and sank in the Weddell Sea in 1915 ????
The wreck is incredibly well preserved and is located 3,000m down on the seabed pic.twitter.com/2fhJy2nXHd

— History Hit???? (@HistoryHit) March 9, 2022

La spedizione per trovare il relitto, chiamata Endurance22 e organizzata dall’associazione britannica Falklands Maritime Heritage Trust (FMHT), era partita lo scorso febbraio tra grandi speranze e qualche timore per le condizioni proibitive del clima di quella zona del pianeta. Il capo della missione, il geografo John Shears, ha detto a BBC: «abbiamo portato a termine la più complicata ricerca di un relitto al mondo, lottando costantemente contro iceberg, tempeste e temperature fino a -18 °C. Abbiamo fatto qualcosa che molte persone ritenevano impossibile».

La squadra di ricercatori del FMHT è stata aiutata da una rompighiaccio sudafricana (Agulhas II) e da due sommergibili ibridi, che possono essere manovrati da remoto o muoversi autonomamente. Per finanziare il tutto ci sono voluti 10 milioni di dollari, donati da un finanziatore che ha voluto rimanere anonimo. I due sommergibili hanno scandagliato il fondale del Mare di Weddell per circa 12 ore al giorno dall’inizio di febbraio, trovando infine Endurance sabato scorso: a quel punto l’equipaggiamento dei sommergibili è stato sostituito con videocamere ad alta risoluzione e altri strumenti per filmare il relitto.

Shears ha raccontato che il momento in cui hanno visto per la prima volta il nome della nave scritto sulla chiglia, ancora perfettamente leggibile, sono rimasti «a bocca aperta».

Il direttore della spedizione, Mensun Bound, ha spiegato che l’assenza di organismi che si nutrono del legno e le temperature piuttosto basse del fondale hanno preservato bene il relitto. Il legno della nave presenta i danni risalenti al naufragio, quando la pressione del ghiaccio ruppe lo scafo facendola affondare, ma generalmente le condizioni sono ottime: «Senza esagerare, questo è il relitto ligneo meglio conservato che abbia mai visto» ha detto Bound.

L’Endurance è considerato un monumento dell’Antartide, perciò il relitto non è stato toccato e non è stato portato in superficie nulla, anche se i sommergibili hanno individuato alcuni oggetti appartenuti all’equipaggio, come indumenti e stoviglie.

Il motivo per cui questo relitto suscita ancora grande ammirazione e interesse dopo più di un secolo è dovuto in parte al fatto che nessuno era riuscito a localizzarlo prima d’ora, ma soprattutto alla notevole storia della nave stessa. La spedizione dell’Endurance, organizzata da Ernest Shackleton, aveva l’obiettivo di attraversare l’Antartide via terra, passando dal polo sud con slitte trainate da cani e coprendo una distanza di quasi 3mila chilometri.

La spedizione partì dal porto inglese di Plymouth il 9 agosto del 1914, ma prima ancora di arrivare in Antartide rimase intrappolata nel ghiaccio marino (pack). La nave andò alla deriva insieme al ghiaccio per dieci mesi prima di rompersi e sprofondare.

L’equipaggio recuperò il possibile dalla nave prima che affondasse e stabilì un campo base lì, in mezzo al ghiaccio, lontano migliaia di chilometri dalle terre abitate più vicine, con temperature minime di -45 °C. Dopo cinque mesi, Shackleton organizzò un viaggio disperato con tre scialuppe per raggiungere le prime isole abitate più a nord, affrontando l’oceano aperto. Ma l’isola in cui sbarcarono dopo molte traversie, la Elephant, era disabitata, perciò Shackleton decise di spingersi oltre insieme a cinque uomini, lasciando lì il resto dell’equipaggio.

Con una scialuppa di appena 7 metri percorsero 1.600 chilometri, raggiungendo infine una base baleniera nella Georgia del Sud. Quattro mesi più tardi salpò con una missione di recupero per il resto dell’equipaggio rimasto sull’isola Elephant. Li trovò ancora tutti vivi e relativamente in salute. Era il 30 agosto del 1916, erano passati 2 anni e 21 giorni dalla partenza dall’Inghilterra.

Le fotografie e le riprese dei sommergibili sono straordinariamente simili alle immagini scattate da Frank Hurley, il fotografo che seguì Shackleton nella spedizione. Nonostante alcuni danni probabilmente dovuti all’inabissamento – l’albero è caduto e le vele sono tutte aggrovigliate – la chiglia è praticamente integra. Ospita una gran varietà di creature marine, da spugne a ricci di mare a vari tipi di stelle marine.
National Geographic ha commissionato al team di ricercatori un documentario sulla spedizione e il ritrovamento, che dovrebbe uscire il prossimo autunno, con immagini riprese dai ricercatori stessi che hanno partecipato alla spedizione.

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