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L’imprenditrice della moda Tiziana Fausti:”«Servono regole precise di rispetto e di educazione a scuola come al lavoro”

a cura di Massimiliano Spinella

L’intervista rilasciata al Corriere di Bergamo dalla titolare di boutique di lusso e lo store 10 C.so Como di Milano, Tiziana Fausti, è stata ripresa a aspramente criticata dai maggiori quotidiani nazionali. L’imprenditrice è a capo di una holding, Exor, con 130 dipendenti e un fatturato multibrand che nell’anno pre-pandemia ha realizzato 80 milioni di euro di ricavi. Nel panorama del fashion retail, Fausti ha affiancato ai negozi di Bergamo e al punto vendita di Lugano, in Svizzera, anche un portale e-commerce che ha portato in rete le proposte di maison del lusso, lanciando il brand sul piano internazionale.

Ma cosa ha detto realmente Tiziana Fausti? In realtà leggendo l’intervista originale che riporto nella sua versione integrale, l’imprenditrice ha espresso giudizi a mio parere largamente condivisbili, ormai le istituzioni, in primis la scuola, stanno perdendo credibilità e la loro funzione di insegnamento dei valori sani. Se un’insegnante si permette di redarguire un ragazzo/a per l’abbigliamento non consono viene criticato dai genitori stessi, richiamato dalla Preside, e sottoposto a procedimento disciplinare il più delle volte. Eppure la scuola deve avere la sua funzione educativa, i genitori che rincorrono il lavoro e mille impegni ormai non riescono o a volte non vogliono stare dietro alle problematiche giovanili, le cosiddette “punizioni” a casa non esistono ormai più, la funzione pedagogica è stata sostituita da un lassismo perenne, i genitori-amici perdonano tutto e troppo facilmente, sono spesso di poco esempio e temono di essere giudicati loro se stessi, anche perchè spesso si tratta di genitori separati.

La dichiarazione di Tiziana Fausti coinvolge il quotidiano, gli alunni come i dipendenti di un’azienda o i professionisti devono avere rispetto del luogo di studio e di lavoro, un avvocato o commercialista si presenterebbe mai da un suo cliente o in Tribunale a un’udienza con i jeans stracciati? Chi ama se stesso tiene alla cura della propria immagine e trasmette una buona impressione anche a chi ci si confronta dall’altra parte. E’ evidente che i giovani lancino messaggi, siamo in un’epoca molto difficile psicologicamente per loro nel post pandemia e mettersi in mostra con eccentricità o meno è un richiamare l’attenzione su se stessi, lì dove probabilmente nè la famiglia nè la società stessa riesce a tenerli centralizzati su valori positivi.

Dal punto di vista lavorativo è evidente che ormai la società sposta l’attenzione su un consumismo sfrenato, l’aperitivo, il cellulare il cui valore sfiora o supera i mille euro, una bella auto, i giovani si trovano in un vortice in cui vogliono godersi la vita, cercando il divertimento non sapendo più quali siano le cose sane che possono arricchirne l’animo, è una società molto materiale e quindi rinunciano spesso a lavori che non appaghino le loro scelte sfruttando la presenza a casa in famiglia e il reddito di cittadinanza. La Fausti ha evidenziato le criticità dell’attuale società mi sembra in maniera costruttiva, non denigrando ma ponendo l’attenzione su una situazione complessa che merita di essere affrontata al più presto anche politicamente. Bisogna ridare un sogno ai giovani che non trovano più condivisibile e realizzabile nel mondo attuale.

Ecco l’intervista integrale del Corriere di Bergamo a Tiziana Fausti:

Parliamo di stile, anche a scuola. Una preside, a Dalmine, ha vietato i pantaloni corti. Bermuda sì, ma solo griffatissimi, potrebbe essere una concessione?
«È un problema di educazione e di rispetto che vale sul posto di lavoro come a scuola, che poi è il posto di lavoro dei ragazzi. Ma forse un impiegato comunale va in ufficio in bermuda e con la canottiera? No. E allora perché dovrebbe farlo un ragazzo? Perché ha caldo? Beh, che lo sopporti un po’ che si cresce pure meglio. Il vero problema non è la forma, ma la formazione dell’individuo. Questo eccessivo permissivismo che abbiamo adottato negli ultimi tempi non ha dato dei grandi risultati. Ha prodotto degli imbecilli».

Anche i bancari hanno abbandonato giacca e cravatta e al lavoro ci vanno casual.
«Non c’è più eleganza, quando, invece, una persona ben vestita e in ordine suggerisce una sorta di fiducia e di credibilità che uno sciamannato non ti dà».

L’abito fa il monaco?
«Sì, se sei una persona disordinata non sarai mai organizzato mentalmente, a meno che tu non sia un genio come ne nascono pochi al mondo. Penso alla scuola anglosassone, alla sua formazione».

Anche ai suoi college?
«Lì i calzoni corti si portano, ma non sono i pantaloni della tuta tagliati o jeans da cui ti esce la gamba. È una questione di etica e di rispetto, alla fine. Vedo ragazzi irriverenti ed arroganti, cosa che noi con i nostri genitori non ci saremmo mai permessi, pena gravissimi castighi».

Correttivi?
«Servono regole precise di rispetto e di educazione. Vedo ragazzi con la testa rasata e la cresta, una volta su e l’altra giù: ma che cosa vuol dire?».

Cosa vogliono dire questi jeans strappati e i top che paiono reggiseni?
«Sono segnali di disagio con cui i ragazzi spostano l’attenzione su quello che non è necessario, mentre per la loro crescita e la loro educazione dovrebbero impegnarsi in qualcosa. L’abbigliamento, i capelli sono un modo per accalappiare l’interesse. Io vedo questi ragazzi, con i ciuffi che vanno negli occhi e devo dire che non sono contenta di questa gioventù. Il sacrificio è necessario».

Anche perché finita la scuola, comincia il lavoro.
«Me ne rendo conto alla selezione del personale per le mie attività (la sua holding Exor comprende 130 addetti in organico ndr) quando si presentano candidati che non hanno lo standing per lavorare in un determinato ambiente. Questo significa che o la famiglia o la formazione o la scuola non sono stati sufficienti. Ben venga, dunque, un po’ di disciplina che porti al rispetto. Altrimenti si crescono persone che non hanno nerbo e che, quando vengono a chiedere un posto di lavoro, pensano solo al sabato e la domenica liberi e a come vengono pagati gli straordinari. Io dico: comincia a darti da fare, a diventare indispensabile per la realtà in cui lavori».

Invece che cosa riscontra?
«Vedo gente che pensa solo a chiedere e basta…Per forza non si trova personale nei ristoranti, lo Stato li mantiene a casa con la Naspi e il Reddito di Cittadinanza. Così fai lavoretti, fai il dog sitter e lo stipendio te lo porti a casa lo stesso. Sperando che arrivi la fine del mondo e senza mai pensare al futuro. Quello che chiedo è che ci sia almeno l’attitudine a fare qualcosa. Non pretendo che tutti siano delle aquile reali anche se ogni tanto qualche aquila arriva. Leopardi aveva scritto l’Infinito a 19 anni, ma questi non sanno nè scrivere nè parlare. Certo, per i genitori dire di no è difficile perché occorre coerenza nelle parole e nei fatti. Più facile dire di sì…mi pare di sentirli parlare al figlio. Vuoi andare a a scuola in bermuda e costume da bagno? Ma sì, caro, fai pure. Così quando esci vai direttamente in piscina».

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