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L’AGONIA DEI CALCHI DI POMPEI

Nel corso degli scavi di Pompei sono stati rinvenuti i resti di oltre mille vittime dell’eruzione del 79 d.C. Durante la prima fase eruttiva gli abitanti che non si erano allontanati in tempo dalla città rimasero intrappolati negli ambienti invasi da pomici e lapilli o furono investiti dai crolli provocati dal materiale eruttivo depositatosi fino a un’altezza di circa tre metri; di queste vittime si sono rinvenuti soltanto gli scheletri. Successivamente un flusso piroclastico, ad alta temperatura, investì Pompei a grande velocità, riempiendo gli spazi non ancora invasi dai materiali vulcanici e provocando la morte istantanea per shock termico di chi era ancora in città. I corpi di queste vittime rimasero nella posizione in cui erano stati investiti dal flusso piroclastico, e il materiale cineritico solidificatosi ne ha conservato l’impronta dopo la decomposizione.
Giuseppe Fiorelli fu senza dubbio il più importante archeologo che operò a Pompei nell’Ottocento. Ebbe tra numerosi meriti, quello dell’invenzione del metodo per eseguire i calchi delle vittime dell’eruzione.
Così scrive Gaetano De Petra, uno dei suoi successori: “La più fortunata delle sue invenzioni fu la immagine autentica che diede della catastrofe vesuviana, colando nel masso di cenere che copriva gli scheletri il gesso liquido, per cui questi rivivono nelle forme e nelle contrazioni della loro agonia.”
Lo scrittore Luigi Settembrini aggiunge, a proposito dei calchi: ” E’ impossibile vedere quelle tre figure sformate, e non sentirsi commosso. Sono morti da diciotto secoli, ma sono creature umane che si vedono nella loro agonia. Lì non è arte, non è imitazione; ma sono le loro ossa, le reliquie della loro carne e de’ loro panni mescolati col gesso: è il dolore della morte che riacquista corpo e figura…. Finora si è scoverto templi, case ed altri oggetti che interessano la curiosità delle persone colte, degli artisti e degli archeologi; ma ora tu, o mio Fiorelli, hai scoverto il dolore umano, e chiunque è uomo lo sente“.
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Fonte: pompeiisites