CRONACA E ATTUALITÀESTERO

La disputa tra Mauritius e Regno Unito sulle isole Chagos

Da anni si contendono l’arcipelago dell’oceano Indiano, e il Guardian ha scoperto che è stata tirata in mezzo anche Google Maps

Nelle ultime settimane si è intensificata di nuovo la disputa territoriale che va avanti da decenni attorno all’arcipelago delle isole Chagos, che si trova nell’oceano Indiano ed è rivendicato sia dalla Repubblica di Mauritius sia dal Regno Unito. In passato Mauritius aveva chiesto più volte che il Regno Unito smettesse di riconoscere l’arcipelago come proprio territorio, adeguandosi sia a un parere della Corte internazionale di giustizia dell’Aia del 2019 sia al successivo voto dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. La settimana scorsa Mauritius lo ha chiesto di nuovo attraverso la spedizione simbolica di una delegazione di ex residenti su uno degli atolli delle Chagos, e il Guardian ha scoperto che di recente ci è finita di mezzo anche Google Maps.

L’arcipelago delle isole Chagos, abitato oggi da poche migliaia di persone, è composto da una cinquantina di atolli e isole e si trova nell’oceano Indiano centrale a sud delle Maldive, circa 2.000 chilometri a nord est di Mauritius. Fu raggiunto dai portoghesi all’inizio del Sedicesimo secolo, e per la gran parte della sua storia recente era stato controllato da Mauritius, che a sua volta era una colonia francese. Col trattato di Parigi del 1814, poi, la Francia cedette Mauritius e le sue dipendenze – tra cui le isole Chagos – al Regno Unito.

Tre anni prima di concedere l’indipendenza a Mauritius, nel 1965, il Regno Unito però scorporò l’arcipelago dal paese, istituendo il Territorio Britannico dell’Oceano Indiano: fece deportare circa 2mila abitanti autoctoni a Mauritius o alle Seychelles e affittò parte del territorio agli Stati Uniti per permettere la costruzione della base militare Diego Garcia sull’omonimo atollo. Concretamente, anche dopo aver concesso l’indipendenza a Mauritius, il Regno Unito non smise mai di esercitare il proprio controllo sull’arcipelago. Al contempo, Mauritius continuò a considerarlo come un territorio di sua competenza, per ragioni storiche e culturali.

A partire dagli anni Novanta moltissime persone che erano state costrette a lasciare le proprie case cominciarono a rivendicare il diritto di tornarci. Poi, nel febbraio del 2019, la Corte internazionale di giustizia respinse la richiesta di sovranità del Regno Unito sull’arcipelago, e pochi mesi dopo l’Assemblea Generale dell’ONU diede di nuovo ragione a Mauritius, sostenendo che il territorio fosse stato separato «illegalmente». Sebbene con una mozione non vincolante, l’ONU diede al Regno Unito sei mesi di tempo per restituire le isole a Mauritius: condizione che a oggi non è stata rispettata.

La settimana scorsa Mauritius si è opposta nuovamente alle rivendicazioni del Regno Unito con un’iniziativa simbolica: un gruppo di persone che abitavano alle isole Chagos e che all’inizio degli anni Settanta erano state costrette a lasciare l’arcipelago sono sbarcate sull’atollo di Peros Banhos, dove hanno piantato la bandiera rossa, blu, gialla e verde di Mauritius e hanno cantato l’inno nazionale del paese. Assieme a loro c’era anche il rappresentante del paese alle Nazioni Unite, Jagdish Koonjul, il quale ha detto che con questo gesto simbolico Mauritius sta «rivendicando quello che è sempre stato suo».

Nel frattempo, secondo alcuni documenti visti dal Guardian, il governo di Mauritius ha anche chiesto in diverse occasioni all’azienda californiana che gestisce Google di modificare la dicitura che indica l’arcipelago su Google Maps e lo descrive appunto come Territorio Britannico dell’Oceano Indiano (in inglese British Indian Ocean Territory, o BIOT).

La prima richiesta risale al gennaio del 2020 e chiedeva di «rettificare immediatamente l’errore», che poteva essere interpretato come «una tacita approvazione […] del controllo illegale del Regno Unito» sulle isole. Nei mesi successivi Mauritius aveva inviato altre due richieste: tuttavia la dicitura di Google Maps continua a indicare che «il Territorio Britannico dell’Oceano Indiano è un territorio britannico d’oltremare situato nell’oceano Indiano, a metà strada tra l’Africa e l’Indonesia».

Il Foreign, Commonwealth and Development Office, l’ufficio governativo britannico che si occupa degli interessi del Regno Unito all’estero, ha detto di non avere «alcun dubbio» sulla sua sovranità sul territorio, sostenendo che sia stata esercitata «in via continuativa dal 1814» e che Mauritius non abbia nessuna autorità per rivendicarla.

A ogni modo, la questione dell’arcipelago divide da tempo anche la politica britannica.

L’ex leader dei Laburisti Jeremy Corbyn, per esempio, ha condiviso una lettera di sostegno nei confronti della spedizione di Mauritius e ha invitato il governo britannico a «ristabilire immediatamente» il diritto della popolazione delle isole Chagos a tornare nelle proprie terre. Il politico Alyn Smith, portavoce del Partito Nazionale Scozzese nel parlamento britannico, ha detto che «è arrivato il momento di concludere l’occupazione illegale del Regno Unito nelle isole Chagos» e di impegnarsi a sostenere gli sforzi compiuti a livello internazionale per restituire l’arcipelago ai suoi legittimi proprietari.

Google, contattata dal Guardian, ha detto che sta affrontando la questione relativa all’indicazione del territorio su Google Maps.

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