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È morto il professor Renato Albiero, l’amico di Sciascia che portò a Palermo la cardiochirurgia.

Direttore scientifico del Maria Eleonora Hospital per oltre trent’anni, primario di cardiochirurgia al Civico fino al 1984, arrivò dal Veneto per innovare e formare i giovani medici del futuro. Legato allo scrittore di Racalmuto, è stato presidente dell’associazione che porta il suo nome.

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La medicina italiana è a lutto. E’ morto a 86 anni il professor Renato Albiero, che negli anni ’80 portò a Palermo dal Veneto, sua terra d’origine, la cardiochirurgia con terapie sofisticate allora tipiche solo del Nord. Direttore scientifico del Maria Eleonora Hospital per oltre trent’anni, primario di cardiochirurgia al Civico (fino al 1984), era anche commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.

Mentre nel resto d’Italia nascevano le prime cardiochirurgie che affiancavano reparti vascolari senza terapie intensive, Albiero capì che Palermo poteva essere una fucina di sperimentazione e ricerca scientifica per la medicina internazionale. Così, giunto in città da Padova, iniziò a formare una schiera di giovani cardiochirurghi che negli anni sono rimasti al fianco della sua scuola, fuori e dentro la sala operatoria, per imparare sul campo una specializzazione di altissimo livello. “Mi piace insegnare – diceva sempre – e le soddisfazioni arrivano non solo per il fatto di aver operato i pazienti, ma per aver contribuito a tramandare questo mestiere”. In pochi anni il professor Albiero e la sua equipe diventano protagonisti assoluti della cardiochirurgia di altissima specializzazione della Sicilia occidentale. Fa arrivare dalla Germania terapie intensive all’altezza degli ospedali del resto d’Italia, all’avanguardia per quei tempi. Consigliere della SICCH, società italiana di chirurgia cardiaca, è stato anche membro attivo del Cerisdi (centro ricerche e studi direzionali) e della Fondazione Withaker, impegnata nella promozione della cultura e della ricerca scientifica. Nei primi anni a Palermo, fu chiamato a testimoniare nel processo per l’omicidio del collega Sebastiano Bosio, primario dell’ospedale Civico ucciso dalla mafia sotto al suo studio. Il direttore sanitario in quei tempi era Beppe Lima. Interrogato dal pm, Albiero raccontò dei rapporti non idilliaci tra Bosio e Lima, fratello dell’ex deputato Dc ucciso nel ’92. Quando gli chiesero se Lima facesse pressioni per il ricovero di alcuni mafiosi, rispose: “A me personalmente no, ma io arrivavo da Verona ed ero ritenuto ‘inaffidabile’. Quindi non mi è mai stato chiesto nulla”.

Nella galleria d’arte dove la moglie Carla Horat, pittrice, esponeva le sue opere, il professor Albiero conobbe Leonardo Sciascia, con cui strinse una profonda amicizia. Tra incontri, scambi di opinioni, consigli e aiuti reciproci, il legame diventò sempre più stretto negli anni della malattia dello scrittore di Racalmuto. Il giorno prima della sua morte, uscito dall’ospedale dopo un turno di lavoro, il professor Albiero gli fece visita. In quell’occasione Sciascia gli confessò l’idea che aveva dei medici, ovvero che nonostante il bisogno di volersi prodigare per il prossimo, molti di loro non accettano che il corpo di un malato capisca quando è arrivato il momento della fine. Per queste ragioni, per lui era motivo di orgoglio dire di essere anche il presidente dell’associazione Amici di Leonardo Sciascia.