Che partito è D66, che ha avuto un risultato sorprendente nei Paesi Bassi
Il suo leader, Rob Jetten, potrebbe ora diventare primo ministro: le sue politiche sono un misto di destra e sinistra

Alle elezioni nei Paesi Bassi del 29 ottobre il partito liberale D66 è andato benissimo, e in maniera inaspettata. I sondaggi lo davano un po’ indietro, rispetto al Partito per la Libertà (PVV), di estrema destra e guidato da Geert Wilders, e al principale partito di centrosinistra, Sinistra Verde e Laburisti (PvdA-GL). Invece secondo i risultati preliminari è praticamente primo a pari merito con il PVV: entrambi hanno fatto eleggere 26 parlamentari. Dal momento però che nessun altro grande partito intende allearsi con il PVV, è molto probabile che la prossima coalizione si basi su D66, e che il suo leader, Rob Jetten, divenga primo ministro.
D66 è un partito europeista, moderato e liberale. Ha già fatto parte di coalizioni di governo, ma sempre come alleato minore. Il nome completo è Democraten 66, dove 66 sta per l’anno della sua fondazione, il 1966. Ha posizioni progressiste su certi temi, come la protezione dell’ambiente e il sostegno allo stato sociale, e più di centrodestra su altri, come l’economia e l’accoglienza delle persone migranti. Su questa, in particolare, D66 si è spostato a destra, promuovendo politiche più severe, inclusa la controversa proposta che i richiedenti asilo presentino la domanda prima di arrivare nell’Unione Europea, applicando quindi una specie di selezione iniziale.
In campagna elettorale D66 ha insistito soprattutto sulla questione della crisi abitativa. È un tema molto sentito nei Paesi Bassi, che hanno una popolazione di 18 milioni di persone e secondo le stime avrebbero bisogno di circa 400mila alloggi in più. D66 ha proposto un ampio programma di costruzione di nuove città e investimenti, tra le altre cose anche per aumentare la produzione di energia rinnovabile. In generale poi ha utilizzato messaggi molto ottimisti, sintetizzati dallo slogan Het kan wél, e cioè «è possibile», o «si può fare», che ricorda un po’ il famosissimo slogan «Yes we can», che l’ex presidente statunitense Barack Obama utilizzò nella sua campagna del 2008.
Questo ottimismo è espresso molto anche da Jetten, che ha 38 anni e potrebbe diventare il primo ministro più giovane di sempre, oltre al primo dichiaratamente omosessuale. Jetten è laureato in economia, ed è già stato parlamentare e poi ministro per l’Ambiente, tra il 2022 e il 2024, quando i Paesi Bassi erano governati da una coalizione di centro. È un politico energico e fotogenico, e nelle ultime settimane ha cercato di farsi vedere il più possibile, a volte anche in modi poco ortodossi: a settembre, per esempio, aveva partecipato a un popolare quiz televisivo, De Slimste Mens (“La persona più intelligente”).
Durante la campagna, Jetten ha spesso usato toni concilianti, per promuovere la cooperazione tra diversi partiti, e ha accusato il suo principale rivale, il politico xenofobo e populista Geert Wilders, di usare una retorica allarmista e divisiva. La strategia ha dato buoni risultati: secondo le prime analisi, D66 è riuscito ad attirare elettori provenienti un po’ da ogni orientamento politico, e tra questi ce ne sono molti che nel 2023 avevano votato proprio per Wilders.
Il parlamento nederlandese è sempre molto frammentato, anche a causa della legge elettorale, che prevede soglie di sbarramento praticamente inesistenti (per fare eleggere un deputato è sufficiente ottenere lo 0,67 per cento dei voti). Per questo motivo, se Jetten otterrà l’incarico di formare un governo, dovrà cercare di mettere d’accordo più partiti: per il momento l’ipotesi più probabile sembra essere una coalizione di centro, che tenga insieme D66, GL-PvdA e il Partito popolare per la libertà e democrazia (VVD) di centrodestra. In passato i negoziati sono stati spesso complicati, ed è capitato che andassero avanti anche per diversi mesi.